La direzione del mercato videoludico è da sempre un mistero: quando il business sembra percorrere un preciso percorso, ecco che qualche variabile impazzita cambia le carte in tavola e spinge gli investitori a puntare tutto da un’altra parte.
Un tempo dominatori incontrastati tra i giochi per PC, gli FPS hanno gradualmente conquistato dapprima le console e successivamente il mondo virtuale degli MMO. A essere sinceri, gli shooter hanno sempre puntato molto sul concetto di condivisione, quell’idea di multiplayer a distanza che tanto sembrava lontana fino a 30 anni fa. Il primo sparatutto a includere una modalità online fu l’avveniristico Quake, sviluppato dalla mitica id Software e pubblicato nel 1996. Chissà se i suoi programmatori immaginavano l’importanza che avrebbe avuto nel panorama culturale, dato che da allora si sono susseguiti centinaia di titoli simili e accomunati da un’unica peculiarità: la continua ricerca dell’innovazione tecnica.
Più di ogni altro genere videoludico gli FPS sono stati utilizzati per mostrare a dovere nuove console, schede video e processori più performanti dei precedenti. Le connessioni si sono poi velocizzate fino agli attuali standard, una vera e propria rivoluzione che permette di scaricare interi film in pochi minuti (perlomeno ai più fortunati), ma soprattutto giocare con chiunque in ogni momento della giornata. Mutuando molte meccaniche dagli RPG e in particolare dalla formula degli MMO (Massive(ly) Multiplayer Online), col tempo sono sorti i primi ibridi fra due stili apparentemente lontanissimi. È questo il caso di Destiny, croce e delizia dei giocatori Playstation 4, oppure di Planetside 2, in grado di ospitare centinaia di giocatori contemporaneamente. Si tratta di una continua sfida a chi può offrire più armi, più server, più utenti collegati insieme, sempre cercando di mostrare al mondo di cosa sono capaci le nuove tecnologie.
I bossoli del passato
Grazie ai videogames è stato possibile replicare virtualmente ciò che magari avevamo visto al cinema nei film d’azione, come partecipare allo sbarco in Normandia o combattere dentro alla Morte Nera. Chiunque abbia giocato ai primi Medal of Honor o ancora ai primi Brothers in Arms, non avrà difficoltà a ricordarsi i nomi dei suoi commilitoni virtuali, compagni di missioni apparentemente senza speranza. La narrazione si sposava perfettamente con le tanto fugaci quanto indelebili campagne degli shooter, riuscendo a raccontare brevi storie alla pari di quelle dei grandi schermi. O perlomeno questo sembrava l’indirizzo del mercato fino a qualche anno fa, ora sempre più incentrato sul puro gameplay collettivo.
I giochi di ruolo basati sul multiplayer ci hanno messo anni a conquistare una certa dignità narrativa, che sia lo stesso anche per gli MMOFPS? Concludiamo citando una celebre frase dello sviluppatore di Doom, John D. Carmack:
Story in a game is like a story in a porn movie. It’s expected to be there, but it’s not that important.