Se mi chiedete quali siano i più vivi ricordi della mia infanzia sicuramente fra questi dovrei includere le lampeggianti luci delle sale giochi: l’acre odore di fumo che impregnava i tavoli da biliardo, il rumore delle scarpette da bowling che scivolavano sul parquet, il peso delle tasche colme di gettoni ma soprattutto le interminabili file per fare anche solo una partita a qualche cabinato, magari proprio l’ultimo arrivato dal lontano Giappone. La regola era sempre quella, specialmente quando si giocava contro sconosciuti: chi vince regna! Giuro di aver conosciuto almeno un paio di ragazzi capaci di andare avanti un’intera serata con un solo gettone, compensando benissimo la loro scarsa abilità con move-list scaricate grazie a primitive BBS e connessioni a 56k. La competizione raggiungeva livelli simil-agonistici con tanto di allenamenti e farlocchissimi trucchi che teoricamente avrebbero dovuto trasformarmi in un mago dei picchiaduro, nonostante puntualmente continuassi a vincere solamente 2-3 incontri ogni sera.
Se inizialmente le sale giochi si trasformarono in postacci frequentati dalle peggio compagnie, alla fine furono tristemente chiuse, portandosi appresso sensazioni difficilmente spiegabili a parole. Il bello di quell’atmosfera non era tanto il giocare in se, ma la tensione che si creava con l’avversario, quella voglia di primeggiare e dimostrare la propria superiorità; salvo poi interrompere tutto per fiondarsi insieme al bar, seduti proprio di fianco a quel tanto ‘odiato’ rivale che continuava a spammare il campo elettrico di Blanka. Giocare insieme a qualcun’altro in carne e ossa non è neanche minimamente paragonabile alle sfide con l’intelligenza artificiale.
Amicizie virtuali
Piano piano i 56k aumentarono, fino ad arrivare alle veloci e stabili connessioni odierne. Internet continua a offrire un oceano di opportunità idealmente infinite, soprattutto in campo videoludico: il multigiocatore online è diventato ormai uno standard e ci permette di giocare praticamente contro chiunque, senza veri e propri limiti se non quello di avere la stessa piattaforma e lo stesso gioco. Ora abbiamo leaderboard, veri e propri profili online che crescono insieme alle nostre abilità: non si gioca più per il gusto di divertirsi insieme a qualcuno, si gioca per salire di livello, per sbloccare un’arma nuova, per aumentare le proprie statistiche. Il multiplayer odierno in molti casi non è altro che un singleplayer con altri giocatori reali, mentre la classica campagna a singolo giocatore sta lentamente sparendo.
Il guadagno per le software house è evidente, sia in termini monetari sia di tempo, mentre gli utenti lentamente si stanno adattando alla cultura dell’ “always online”. Se da una parte tutto ciò ha portato persino al nascere di nuove categorie videoludiche (come i nostri amati browser game), questa decadenza del multigiocatore locale lascia spazio a un po’ di malinconia. Sedersi sul divano con un amico e cercare di superare un livello insieme non sarà mai come una chat vocale, con o senza progressi tecnologici.
Marco Cella