Se volessimo per forza dare una conclusione al titolo sarebbe sicuramente “…e noi li abbiamo uccisi”, con la speranza che Nietzche ci perdoni l’uso improprio della citazione.
Spesso quando si dice che una determinata categoria è morta lo si fa solo per indicarne una sua trasformazione radicale: basti pensare a quando dopo i tumulti del ‘77 e la dissoluzione dei Sex Pistols erano in molti a proclamare la “morte del punk”, ma da quella fine apparente nacquero invece gruppi chiave della storia musicale come Joy Division, Public Image Ltd. e The Cure. Qualcosa di simile sta succedendo in un mercato in continua attività come quello videoludico.
Come eravamo, cosa volevamo
Ok ok, abbiamo mentito. I browser game non stanno andando da nessuna parte e rimarranno per un periodo ancora molto lungo nella nostra barra dei preferiti, però nessuno può negare che da qualche tempo stiano cambiando fin troppo rapidamente. Per capire davvero questa mutazione dobbiamo andare indietro di qualche anno, quando ancora le console avevano da poco scoperto gli analogici e i PC portatili non erano performanti come quelli fissi. Proprio in questo scenario nacquero i browser game. Questa categoria di videogame è stato un ‘tappa buchi’ perfetto per molti accaniti player, magari lontani da casa e senza un computer in grado di far girare prodotti che necessitano onerose risorse hardware. Fino a qualche anno fa i notebook da gaming erano molto meno diffusi di oggi, costavano almeno il doppio ed erano tutto fuorché portatili, a causa delle loro dimensioni e del peso.
Ho potuto sperimentare questo tipo di esperienza in prima persona qualche anno fa, mentre mi trovavo in vacanza con un laptop ormai datato che riusciva a malapena ad aprire il browser. Spinto dalla noia decisi di cliccare sull’ennesimo banner pubblicitario che prometteva “ore di divertimento senza limiti”. In pochi minuti mi ritrovai iscritto a uno dei più popolari browser game di sempre: Travian. Essendo un giocatore proveniente dal mondo delle console l’interfaccia mi parve spoglia, le opzioni ridotte all’osso e i tempi di attesa a dir poco snervanti. Però proprio quell’idea di dover ritornare al gioco ogni 4-5 ore per controllare come stesse procedendo il mio villaggio mi permise di far passare le giornate molto più velocemente, coprendo completamente quei tempi vuoti tipici delle giornate di tante persone. L’idea che qualcuno potesse attaccarmi mentre non ero collegato alla pagina era stimolante, nonostante la lentezza cronica del gioco, così come il pensiero che dall’altra parte c’erano giocatori reali e non comandati da una fredda CPU. Avevo capito perché i giochi online erano così tanto apprezzati.
Social Network: un’arma a doppio taglio
Pochi giorni fa ho ricevuto la segnalazione di un giovane team italiano che proponeva il suo nuovo gioco: Cosmica. Giocando al titolo di CosmicaTeam mi è sembrato di ritornare a quella noiosissima vacanza che mi aveva fatto entrare in contatto con questo genere videoludico. Per un giudizio dettagliato vi rimando all’articolo completo; sappiate che l’immagine che mi ha lasciato il gioco è quella di un seme da cui potrebbe sbocciare una bellissima pianta, ma che per il momento resta acerbo. Inoltre nonostante il titolo riesca decisamente a divertirmi, allo stesso tempo mi lascia con una domanda ben precisa: che senso possono avere giochi come questi al giorno d’oggi? Spero di non essere frainteso, visto che il lavoro e la cura degli sviluppatori si nota in ogni parte di Cosmica. Il mio timore, tuttavia, è che possa essere arrivato troppo tardi in un mercato in rovina e in decadenza.
Viviamo in una società ormai condizionata da quei fenomeni chiamati Social Network, che hanno eliminato le distanze fra le persone. In particolare la mia attenzione si rivolge a Facebook, che ha avuto l’onore (o forse la colpa) di limare sempre di più la differenza fra casual e hardcore game. I browser game sul sito di casa Zuckemberg sono diventati “social game”, permettendoci di sfidare la moltitudine di amici collegati al nostro profilo. Ci sono degli ottimi prodotti e ci sono degli spudorati cloni senza gloria, come potete evincere dalle recensioni che leggete su queste pagine. Il problema probabilmente risiede nella saturazione della categoria: emergere nella massa di copie potrebbe essere difficile per un gioco classico come quello tricolore e non possiamo fare altro che augurargli la massima fortuna. Negli anni la tecnologia è cambiata, i videogame stessi sono cambiati. Farmville e compagnia hanno anche ‘preso in prestito’ la meccanica tipicamente free-to-play del negozio in game, che permette l’acquisto di oggetti con denaro reale. Ma questo è un altro, malinconico, discorso.
Editoriale a cura di Marco Cella, appassionato di videogames e articolista di browser-game.it.
§killua§
Ci sarebbe anche da dire che ultimamente i browser game ma non solo, i giochi online in generale stanno abusando sempre più di shop annessi e connessi e in pratica offrono sempre più spesso un gioco a metà quando va bene, dove l’altra metà se la vuoi, la paghi a parte, spesso in più a ciò che hai già pagato quando non si parla di giochi “F2P”.
Oltre a questo i browser game in specie sono sempre stati caratterizzati dai tempi di attesa di cui si parla anche nell’articolo, io non dico che andrebbero eliminati, ma forse rendere il gioco un po’ più dinamico e in tempo reale potrebbe essere un’idea per attirare maggiormente i giocatori, io francamente non riesco più ad andare avanti nei browser game quando i tempi di attesa superano i 10 minuti per un edificio e ne devi costruire 10 o 20, perchè significa che se posso collegarmi una volta sola al giorno o due, tanto vale lasciar perdere perchè quando i tempi si allungano a 30 minuti e si arriva alle ore, si arriva a costruire un edificio al giorno quando va bene.
E questo è un grosso limite di questi giochi, senza contare che il tempo richiesto per costruire navi o truppe spesso è abominevole.
Sempre più questi tempi di attesa vengono usati come scusa per offrire poi ai giocatori una scorciatoia, guarda caso a pagamento con soldi veri.
A me sembra un po’ una presa in giro, nonostante capisca che sviluppare giochi e mantenere dei server abbia dei costi.
Secondo me se si migliorasse la giocabilità forse il genere potrebbe rinascere, ma così come ora, sempre più il browser game, si sta trasformando nelle famose slot machines per dipendenti patologici dal gioco.
Marco
Grazie per il commento,
concordo con la tua opinione e di sicuro il problema da te riportato sarà l’argomento di un prossimo editoriale, come già si può capire dalla fine di questo articolo. 🙂
Continua a seguirci.
Alessandra
Io sono appassionata di strategici quindi posso parlare solo di quelli..I tempi cambiano,ricordo il mio primo bg nel lontano 2009 ero uno strategico con tempi biblici per ogni cosa e una grafica orribile,ma c’erano tanti giocatori e ci si divertiva a qualsiasi ora del giorno e della notte. Poi la scoperta di KOC,sever pieni in pochi giorni,una comunità di giocatori che sfornava bot e script che automatizzando gli aspetti meccanici del gioco lasciavano solo il divertimento e come koc tanti altri giochi simili.A qui tempi chi pagava aveva dei vantaggi (una città ,un livello di ricerca qualche bonus),ma piccole cose che non sbilanciavano il gioco che i giocatori potevano compensare con un po’ di strategia…Sono due anni ormai che provo strategici nuovi ,con sever deserti perchè il gioco è troppo sbilanciato verso il pay,inoltre i gusti sono cambiati in tanti sono passati ai giochi per smart e tablet che hanno meccaniche molto diverse