Le ombre dietro allo schermo

Internet non è mai stato un luogo notoriamente candido e innocente, quanto più un vero e proprio porto franco in cui si nascondono squali senza scrupoli. Fin dalla sua globale diffusione, avvenuta agli sgoccioli dello scorso secolo, una tale semplicità nello scambio di informazioni ha sdoganato i lati peggiori e meglio nascosti della personalità umana. La sua vastità ne è la primaria fonte di difesa, un guscio protettivo in grado di celare magicamente ogni devianza, non importa quante leggi vengano varate e quanti controlli vengano effettuati ciclicamente.

Giocatori Second life

I browser game per fortuna sono rimasti un ambiente relativamente pulito, che addirittura punta su questa apparente sicurezza per attrarre un pubblico di tutte le età. Salvo qualche oscuro esponente a luci rosse, in grado di generare più risate che lodi tecniche (a tal proposito vi consigliamo le simpaticissime recensioni dello youtuber americano Brutalmoose), lo stile cartoonesco e casto della maggior parte dei giochi MMO sembra quasi una boccata d’aria fresca rispetto al continuo trash che ci circonda; storie di eroi, mondi fantasy, paesi rivali da conquistare con mero agonismo e, perché no, una certa alienazione dalla mondana realtà giornaliera. Ma cosa succede quando il virtuale cerca di imitare con maniacale precisione il mondo reale? Il colosso del web Second Life, che nel 2015 ha purtroppo segnato l’ennesimo calo di utenti (ormai “solamente” 900.000), non è mai stato un prodotto esente da critiche fin dal lancio di ben dodici anni fa, ma ha sempre fatto chiarezza sulla sua filosofia: lo scopo finale del titolo sviluppato da Linden Lab è creare un “dreamworld”, una realtà alternativa fantastica in cui chiunque può riscattarsi e vivere una seconda vita.

Nel corso di questi mesi si è dibattuto ampiamente su quale fosse il confine concreto fra “giusto” e “sbagliato”, una disputa etica non da poco: mantenere un ambiente tanto irrealistico quanto “perfetto” oppure puntare a un’esperienza speculare alla quotidianità ma ricca di amarezze?

Bella ragazza Second Life

Una risposta a questa domanda Linden Lab l’ha già data da anni, ma per essere scoperta va ricercata con occhio attento. Sono gli stessi utenti ad aver scelto una strada ben precisa, in cambio di crediti facili e riconoscenza virtuale; la “prostituzione” è un fenomeno ben documentato nel gioco e non è difficile trovare giocatori pronti a tutto pur di raggranellare qualche moneta extra. Concretamente Second Life non è più un MMO, ha smesso di esserlo nel momento stesso in cui ha dato piena libertà all’utenza, ritrovatasi in mano strumenti ben oltre la propria portata. La scusa della “virtualità” regge poco, soprattutto se rapportata alle ingenti quantità di denaro che ogni giorno circolano sul social network, perché effettivamente di questo si tratta per molti, una piattaforma sociale in cui rispecchiare e annegare ciò che non esiste una volta lasciata la tastiera. La stessa “creation suite” tanto apprezzata da critica e pubblico offre pacchetti premium per ciascuna parte del corpo, un vero e proprio chirurgo plastico con tanto di parcelle e tariffario; qualsiasi perversione è libera di sfogarsi oltre allo schermo, vi basterà una rapida ricerca su Google per trovare particolari agghiaccianti che abbiamo preferito non riportare. Ad essere sinceri, il tanto agognato “dreamworld” non sembra poi così diverso da quello reale.

Marco Cella

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